L’arroganza è sorella della superbia, dell’altezzosità e della presunzione, tutte figlie dell’ignoranza.
Considerata “il profumo con la puzza sotto il naso”, il Treccani la definisce “Esagerata stima di sé e dei propri meriti (reali o presunti), che si manifesta esteriormente con un atteggiamento altezzoso e sprezzante e con un ostentato senso di superiorità nei confronti degli altri.”
Secondo il cattolicesimo, “Il superbo vuole essere padrone e sovrano di sé, autonomo e indipendente da Dio e dal prossimo. Esso è uno sette vizi capitali, desideri ordinati verso lo spirito del male, cioè Satana.”
Ovviamente non può mancare l’analisi di tale comportamento secondo l’aspetto psicologico: infatti, chi si bagna con “le figlie dell’ignoranza” è incapace di fare autocritica, agisce con disprezzo cinico nei confronti di chi lo confuta e lo mette in discussione; inoltre, spesso si autodefinisce “un incompreso e perseguitato”, cadendo nel vittimismo talvolta anche con eventi costruiti ad hoc.
Possiamo aggiungere che gli elementi della famiglia dell’ignoranza, sia presi insieme che singolarmente, potrebbero essere considerati metaforicamente come un’infezione di una ferita che, se non si cura rapidamente, si espande e impesta l’intero organismo.
Per concludere il mio pensiero va al Sommo Poeta che nella Divina Commedia, XI canto del Purgatorio, esponendo “la Legge del contrappasso”, di codeste anime ormai trapassate scrive:
“Camminano sotto gravi pesi. Sulla parete sono scolpiti esempi di umiltà esaltata; sul pavimento esempi di superbia punita.”
Che sia di riflessione, con l’auspicio che chi ha orecchie sappia ascoltare e le vibrazioni dell’ode prive di ostruzione possano giungere nel suo cuore.