“Adamo ed Eva sono nati contemporaneamente”

ADAMO ED EVA SONO NATI CONTEMPORANEAMENTE

“Staccò quattordici pani d’argilla,e ne mise sette alla sua destra,
e gli altri sette alla sua sinistra.
Dei quattordici stampi
riuniti dalla saggia Esperta:
sette avrebbero prodotto maschi
e gli altri sette, femmine.”

Questo brano è estratto da un importantissimo testo accadico, ma con forti connotazioni sumeriche, dal titolo Il Poema di Atrahasis o Grande Saggio – 1636 a.C.

È impossibile, se non per pura distrazione, non riscontrarlo in un  altro importante documento scritto, però, ben circa 1200 anni dopo: la Bibbia, in Genesi 1,27, in cui troviamo questo passaggio:

27 Dio creò l’uomo a sua immagine;
a immagine di Dio lo creò;
maschio e femmina li creò

Peccato che nelle funzioni religiose, nostrane e non, si faccia riferimento solo e soltanto a Genesi 2, 21-23, cioè alla creazione della Donna dalla costola di Adamo. Io un sospetto ce l’avrei.
Ci sarebbe ancora da dirne, ma ne ho fatta ampia trattazione nel mio primo libro, quindi mi fermo qui, ma non prima di aggiungere che, fonti di studi scientifico-antropologici di matrice CNR e Science, asseriscono che quando pensiamo ai nostri più antichi progenitori, non dobbiamo pensare a una coppia i cui figli hanno popolato il mondo. Non erano l’unico uomo e la donna in vita al momento o le uniche persone ad aver procreato. Questi due individui semplicemente hanno avuto la fortuna di tramandare con successo parti del loro Dna alla maggior parte di noi, mentre il materiale genetico di altri nostri antenati è in gran parte scomparso a causa della selezione naturale e di altri processi.

Concludo con una delle mie massime:
“L’antidoto al condizionamento è sulla strada maestra della ricerca delle origini, quelle origini lontane che si raggiungono solo conducendo una rigorosa ed impegnativa opera di eliminazione delle impurità che ne hanno corrotto il significato antico.
L’antidoto è la Conoscenza.”
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Perché noi non abbiamo commesso nessun Peccato Originale.
Perché la Conoscenza genera la Consapevolezza, “apre gli occhi” e la mente e ci rende meno manipolabili!

(cfr. Biagio Russo – Schiavi degli Dei – l’alba del genere umano
(c) Drakon edizioni 2010)

 

Il sigillo “Cilindro della Tentazione”

Per Adamo ed Eva, e per tutto quello che a loro è riconducibile, si è fatto spesso riferimento al cosiddetto “cilindro della tentazione”, oggi conservato presso il British Museum.


Di tale reperto si è detto ripetutamente, ma con troppa superficialità, che si tratta di un “documento scritto” con incisa la vicenda originaria del “peccato originale” e che abbia paternità sumera.

Si tratta, però, solo di un semplice stampo proveniente da un antico cilindro privo di qualsivoglia striscia di scrittura che ci aiuti a comprenderne l’autentico significato. Questo cilindro, risalente al periodo babilonese del III millennio a.C., disegna due figure antropomorfe di cui una è una divinità, come testimonia il copricapo cornuto. I due soggetti si fronteggiano tendendo una mano alla base di un albero composto da sette braccia e da due frutti sottostanti. Alla spalle della figura di sinistra, dalle sembianze femminili, si innalza un serpente con la testa rivolta verso la donna. Gli elementi presenti in questa impronta sono, quindi, l’albero, i frutti, l’uomo, la donna e il serpente. Questi particolari hanno fatto sì che, a seguito dell’elaborazione a favore della veridicità assoluta dei racconti della Bibbia da una parte, contro l’originalità e l’azione ispiratrice dei racconti sumeri, dall’altra, si sia troppo spesso giunti alla conclusione univoca che tale riproduzione rappresentasse la tentazione di Eva da parte del diavolo/serpente nel Giardino dell’Eden. Uno dei primi, se non il primo, fu lo stesso George Smith, lo scopritore e traduttore dell’Epopea di Gilgamesh[1], che nel 1875 battezzò lo stampo in questione con il titolo indicativo di “Peccato originale”.

Ma le cose, se valutate con più attenzione, assumono un significato diverso. Innanzitutto, al tempo dei Sumeri, la simbologia del serpente era tutt’altro che negativa. Essa simboleggiava la potenza benefica, la conoscenza, il segreto o il detentore dei segreti: ben 7000 anni prima della stesura della Bibbia, l’ofide era una divinità venerata nel Levante. L’eccezionale caratteristica di mutar la pelle, con la conseguenza di tornare “a nuova vita”, ha fatto guadagnare al serpente l’attributo di signore del mistero della rinascita

L’albero a sette braccia, poi, non ha nulla a che vedere con la nota Menorah biblica voluta da Dio come ci arriva dall’Antico Testamento (Esodo 25, 31-40); le due cose sono temporalmente molto distanti fra loro, si parla di oltre 1500 anni. Piuttosto, sia nel linguaggio che nelle rappresentazioni iconografiche sumero-accadiche, il “sette” sta a significare un numero indeterminato, o una grande quantità[2]. Nel particolare riportato nel sigillo, l’albero sta ad indicare una grande palma di datteri con in bella vista i frutti pronti per essere colti, rappresentazione iconografica stante a simboleggiare la conoscenza[3].

Ma per chiudere definitivamente l’argomento, in tutta la letteratura accadica conosciuta non esiste alcun testo che faccia riferimento al “peccato originale”, tanto meno a un malvagio serpente tentatore[4].

 

 

(tratto da “Schiavi degli Dei” – (c) Biagio Russo 2009 – 2010)

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[1] G. Smith, Chaldean account of Genesis, p. 91, Londra 1875.

[2] .G. Furlani, Riti Babilonesi e Assiri, p. 102  Istituto delle edizioni accademiche, Udine 1940.

[3] R. Graves e R. Patai, I miti ebraici, p. 94, Genesis Rabba, midrash sul libro della Genesi, da Longanesi & C., Milano 1980.

[4]  I. Testa Bappenheim – F. Lampugnani, Bibbia e… p. 66, op. cit.