Viaggi “fuori dal corpo”

Tutti gli esseri umani entrano nello stato di “fuori dal corpo” durante il sonno.
Andare a dormire, crollare addormentati, assopirsi è semplicemente un processo di andare fuori fase rispetto allo spazio-tempo fisico; quando ciò accade, i vari stadi si spiegano se visti da tale prospettiva.
Il sonno profondo o “delta” rappresenta il punto in cui la coscienza è completamente distaccata dalla realtà fisica,  di conseguenza il corpo fisico opera su base autonoma con “sistemi di allerta” per richiamare la coscienza se necessario; una forte vibrazione, uno scatto o una contrazione muscolare del corpo è la conseguenza del “rapido rientro”.
Il fatto che la maggior parte delle coscienze umane non ricordi o non riesca a richiamare alla memoria queste escursioni notturne è una prova insufficiente per poter affermare che non si verifichino.

“Immaginazione” è uguale a “intuizione”?

Credo che sia opportuno portare alla Luce (LUX-FERRE) il chiaro e vero significato di due vocaboli molto importanti: immaginazione e intuizione.

Immaginazione è uguale a intuizione?
La risposta è decisamente negativa! Infatti:

IMMAGINARE, dal latino IMAGINARI, da IMAGO, significa “configurare”, cioè “modellare”, “dare forma”, “dare figura” ad immagini nella propria mente; ideare, fingere, supporre;

INTUIRE deriva dal latino INTUERI, composto dalla particella IN, “dentro”, e TUERI, “guardare”.
Quindi, “vedere dentro”,  “guardare dentro attentamente” (Socrate docet).

Pertanto,  nel fare ricerca, in qualunque campo essa si svolga, si può percorrere:

  • una via segnata da un’idea, da una supposizione o da una finzione, cioè “fare finta che sia”, peggior approccio, quest’ultimo, perché manipolativo cioè tendente a “modellare” i fatti a sostegno della propria idea figurativa; tecnica persuasiva utilizzata nella comunicazione/educazione dei bambini e, quindi, estranea al giusto e corretto rapporto tra adulti previsto e ben configurato dalla PNL;
  • un sentiero illuminato dal “sentire” e “vedere” ciò che è dentro di noi, da seguire con determinazione ma, nello stesso tempo, con umiltà, con verifiche e controlli lungo tutto il percorso.

Ovviamente ognuno è libero di fare il percorso che vuole,  io rispetto chi segue una via diversa dalla mia, ma questo non significa che io la condivida, men che meno che la convalidi: sarei falso e incoerente, in disarmonia con me stesso.

Quindi e in estrema sintesi, in relazione alle mie pubblicazioni e agli argomenti da me trattati, mi rendo disponibile, con piacere, a dialogare e dibatterne i contenuti, ma solo se  frutti di un percorso  generato dalle intuizioni e non dalle immaginazioni.

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Il Serpente

Una delle più importanti figure bibliche offesa, insultata, colpevolizzata ed accusata di essere l’attore principe delle peggiori malefatte narrate nell’Antico Testamento, non ultimo, ovviamente essere l’esecutore della “tentazione di Eva”.  La creazione di questo rettile e la sua esistenza è sicuramente ambigua. Ce lo conferma, se ce ne fosse bisogno, il passo della Genesi  in cui troviamo scritto:

Il Serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio.

Infatti , l’astuzia va intesa come apprezzamento o come denuncia di un soggetto dal quale bisogna prendere le distanze e non fidarsi?

Un dubbio che la religione cristiana, però, non si pone dal momento che indica il Serpente come la figura rappresentante per antonomasia “il male e la tentazione”.  Ma per un ricercatore, che si pone continue domande, il dubbio rimane- un dubbio che, a ben vedere, è alimentato fortemente dal fatto che certa terminologia e relativa attribuzione di ruoli ha origini non antiche, ma antichissime. Si tratta di migliaia di anni in cui l’icona di questo rettile ha certamente subito modifiche, errate traduzioni, nonché opportune manipolazioni. Sulle varie interpretazioni di questa figura biblica, talvolta anche speculative, chi può dire quale sia quella più giusta, obiettiva o imparziale?  Potremmo stare qui a parlarne ore ed ore senza soluzione; arricchiremmo le nostre conoscenze in materia, ma senza una risposta certa su chi o che cosa fosse questo tanto vituperato Serpente. Ma io mi ritengo un convinto assertore della validità delle attribuzioni letterali originali dei termini, nelle varie culture, nei vari territori e, quel che per me più conta, più antiche possibili. Al momento, “il più antico possibile” è nella letteratura sumera, la letteratura di quella che, secondo le nostre attuali conoscenze, rappresenta la prima civiltà apparsa sulla Terra, sebbene quasi coeva con civiltà confinanti come quella Egiziana e quella Indiana.

Per i Sumeri il Serpente era il detentore dei segreti, rappresentava la conoscenza e la potenza benefica. Se andiamo a vedere come il Serpente veniva considerato anche nelle altre culture e religioni, scopriamo che nell’Antica Grecia rappresentava la rinascita e la rigenerazione: famoso è il simbolo delle arti sanitarie che lo vede attorcigliato al bastone di Asclepio e similmente il drago era considerato creatura benefica e portatore di conoscenza. Per gli Antichi Egizi rappresentava la potenza del Dio Ra che proteggeva il Faraone dai suoi nemici, era ornamento regale e veniva portato miniaturizzato sulla fronte.  Nell’induismo esso rappresenta la Dea Kundalini, la Divina Energia Cosmica.  Era e lo è tuttora nella cultura cinese, quale portatore di buona fortuna (è nota la rilevanza religiosa del drago). E’ figura positiva nel Buddismo, quale protettore di Buddha e lo è anche nel Mitraismo persiano. Nelle antiche culture e religioni mesoamericane è noto il Serpente piumato portatore di civiltà e conoscenza, ecc. ecc.

Quindi, nel complesso il Serpente era, ed in alcuni casi lo è ancora, una figura positiva in netto contrasto con la dottrina cristiana, quella dottrina che in un preciso passo del Nuovo Testamento, nell’Apocalisse di Giovanni, ci offre un quadro evidente della genesi iconografica  del Serpente e della evoluzione subita nei secoli se non nei millenni: il dragone, il Serpente antico, il diavolo, Satana […] Purtroppo evidenza non è sempre sinonimo di chiarezza, men che meno in questo caso in cui ci troviamo di fronte ad un testo, come quello appena citato, che tra i vari libri del Nuovo Testamento è considerato il più difficile da interpretare in quanto si ritiene sia stato scritto con un linguaggio simbolico.

In questo caso, un ottimo strumento di indagine è lo studio etimologico delle parole che ci porta ancora una volta, ma in maniera più mirata, alle origini dei termini compresi quelli che compongono la frase in questione. Allora vediamo che “dragone” proviene dal verbo greco derkomai, “osservare, guardare, vedere”, pertanto in origine era “guardiano”  e che “Serpente antico”, figura biblica dell’Antico Testamento, deriva dall’ebraico nhsh, “Serpente”, che etimologicamente sta per “colui che diligentemente osserva”; il significato di “diavolo”, diàbolos nella Bibbia ellenica dei 70, non va oltre “calunniatore”; infine “satana”, dalla radice verbale ebraica sâtan, sempre nell’Antico  Testamento, viene utilizzato esclusivamente per indicare “un nemico, un avversario, un ostacolatore”.

In sintesi e dopo questo breve percorso di ricerca delle origini, possiamo dare dell’icona Serpente una nuova definizione:

originariamente apprezzato portatore di conoscenza e benessere sia spirituale che fisico, illuminante e protettivo, guardiano diligente osservatore trasformatosi nel tempo in accusatore, calunniatore ed ostacolatore.

Definizione chiara, direi anche soddisfacente, soprattutto documenta e non soggetta a sfumature di interpretazione, ma non ancora completa. Infatti, è molto chiaro che il Serpente fosse un guardiano e diligente osservatore, ma di chi o di che cosa? Accusatore, calunniatore ed ostacolatore di chi o di che cosa?

Come se non bastasse, il brano dell’Apocalisse in questione continua e termina con l’affermazione “… e lo incatenò per 1000 anni”. Si tratta della condanna ricevuta dal Serpente a seguito della sua trasformazione o c’è qualcosa di più, di molto grave?

 

© Biagio Russo – Drakon edizioni, 2010
Tutti i diritti sono riservati.
(per gli opportuni approfondimenti, v. “Schiavi degli Dei”, cap. “Il Serpente”)

Storie di Ricerca 3

Le Storie di Ricerca alla finestra di Schiavi degli Dei

Nel mio “viaggio verso la conoscenza”, mi sono imbattuto in una moltitudine di documenti antichi, testi apocrifi o testi storici dimenticati.

Tutti molto interessanti, ma non sempre strettamente attinenti allo scopo della mia ricerca sulle origini del genere umano, tanto da essere esclusi dalla composizione del libro “Schiavi degli Dei”.

Tuttavia, sicuro della loro valenza storica, è mia intenzione presentarne alcuni in questa pagina.
Per non appesantirne la lettura, ho suddiviso il documento/racconto in quattro parti.
Qui, al termine della Parte I, troverete la nuova Parte II,  le altre due parti seguiranno prossimamente.

Buona lettura

Chi era Diodoro Siculo

Diodoro Siculo fu uno storico greco antico, nato nel 90 a.C., autore di una monumentale storia universale che prese il nome di “Biblioteca storica”.

Egli, per la redazione della sua opera, raccolse la documentazione necessaria effettuando, tra l’altro, una serie di viaggi “di studio” finalizzati al reperimento di fonti (in primo luogo scritte, ma anche orali) e innanzi tutto (a suo dire) atti ad effettuare delle verifiche autoptiche.

Diodoro Siculo

 

 

 

 

 

 

Di seguito alcuni abstracts. 

Biblioteca storica – Racconto n. 1 – Parte I

[…] “A proposito, invece, dell’isola che è stata scoperta nell’Oceano a meridione, e delle cose straordinarie che si dicono su di essa, cercheremo di discorrere sinteticamente, dopo aver esposto prima, con precisione, le ragioni della scoperta.

Giambulo fin da ragazzo aveva coltivato con entusiasmo la propria educazione e dopo la morte del padre, che era mercante, anch’egli si diede alla mercatura; inoltratosi in quella zona dell’Arabia che produce aromi, fu preso con i compagni di viaggio da certi briganti. Ora, dapprima con uno di quelli insieme ai quali era stato catturato fu designato pastore, più tardi, però, fu preda di certi banditi etiopi con il compagno, e condotto via, alla zona marittima dell’Etiopia.

Costoro vennero rapiti perché appartenevano a un altro popolo, per purificare il paese: infatti, questa era l’usanza degli Etiopi che vi abitavano, tramandata da tempi antichi, e sanzionata da responsi oracolari degli dei, per venti generazioni, seicento anni (essendo una generazione calcolata della durata di trent’anni).

Mentre la purificazione veniva compiuta dai due uomini, era stata costruita per loro una barchetta, proporzionata per dimensioni, forte abbastanza da sopportare le tempeste in mare e che poteva facilmente essere portata a remi da due persone; dopo avervi messo dentro cibo per due uomini sufficiente per sei mesi, e averveli fatti salire, ingiunsero loro di prendere il largo secondo il responso, ordinando loro di navigare verso meridione.

Dissero loro che sarebbero giunti a un’isola prospera e presso uomini amabili, dove sarebbero vissuti beatamente; ugualmente – affermarono – anche il proprio popolo, se quelli mandati fossero giunti sani e salvi sull’isola, avrebbe goduto per seicento anni di pace e di una vita prospera sotto ogni aspetto; ma se, atterriti dalla vastità del mare aperto, avessero navigato indietro, sarebbero incappati nelle massime punizioni come empi e corruttori dell’intero popolo.

Gli Etiopi, dunque – affermano – tennero una grande adunanza solenne sul mare, e dopo aver compiuto sacrifici magnifici, incoronarono quelli che dovevano cercare l’isola e purificare il loro popolo, e li inviarono via.

Essi, dopo aver navigato per lungo tratto in mare aperto ed essere rimasti esposti per quattro mesi alle tempeste, furono portati all’isola del presagio, che era di forma circolare, e con un perimetro di circa cinquemila stadi.

Ma, quando erano ormai vicini all’isola, alcuni dei nativi, fattisi loro incontro, tirarono a terra lo scafo; gli abitanti dell’isola, accorsi, si meravigliarono del fatto che degli stranieri vi fossero approdati, però si comportarono amabilmente e condivisero con loro quanto di utile offriva il paese.

Gli abitanti dell’isola erano molto diversi da quelli della nostra parte del mondo abitato, per caratteristiche fisiche e per modo di vivere; infatti, erano tutti simili fisicamente, e in altezza superavano i quattro cubiti, però le loro ossa potevano curvarsi fino a un certo punto, e di nuovo raddrizzarsi, come le parti nervose.

Erano, nel fisico, eccezionalmente delicati; tuttavia, molto più vigorosi degli uomini delle nostre parti. Infatti, quando afferravano un oggetto con le mani, nessuno era in grado di toglierlo dalla presa delle loro dita. Non avevano peli assolutamente in nessuna parte del corpo, eccetto che sulla testa e tranne che sopracciglia e ciglia, e ancora, sul mento, mentre le altre parti del corpo erano così glabre che non vi si vedeva la minima peluria.

Erano avvenenti per la loro bellezza, e ben proporzionati nella costituzione fisica. Le aperture delle orecchie erano molto più ampie delle nostre e le parti sporgenti sviluppate in modo da servire da valvole di chiusura.

Biblioteca storica – Racconto n. 1 – Parte II

E per quanto riguarda la lingua, avevano una peculiarità, in parte naturalmente congenita, in parte risultato di un’operazione fatta intenzionalmente. Infatti avevano la lingua doppia per un certo tratto, ed essi ne suddividevano ulteriormente la parte interna cosicché la lingua era doppia fino alla radice.

E perciò erano molto versati nei linguaggi, poiché non soltanto imitavano ogni lingua umana articolata, ma anche i vari canti degli uccelli, e in generale riproducevano ogni particolarità dei suoni; ma, cosa più straordinaria di tutte, conversavano perfettamente in contemporanea con due persone che avessero incontrato, rispondendo a domande e discorrendo in modo pertinente delle circostanze del momento; infatti, con una sezione della lingua parlavano con una persona, con l’altra allo stesso modo con la seconda. Il clima era estremamente temperato presso di loro, in quanto abitavano all’equatore, e non soffrivano né caldo né freddo; e i frutti maturavano presso di loro per l’anno intero, come afferma anche il poeta:

«La pera invecchia sulla pera, la mela sulla mela, sull’uva l’uva, il fico sul fico».

Presso di loro il giorno è sempre pari alla notte, e a mezzogiorno presso di loro non c’è ombra per niente, per il fatto che il sole è allo zenith.

Essi vivono divisi in gruppi organizzati politicamente e secondo la parentela, riunendosi i parenti in non più di quattrocento; costoro trascorrono l’esistenza all’aperto, dal momento che il paese possiede molte cose per il loro sostentamento; infatti, per la buona qualità del suolo dell’isola e per la mitezza del clima gli alimenti crescono spontaneamente più che a sufficienza.

Cresce, infatti, presso di loro, in gran quantità una canna, la quale produce un frutto in abbondanza, che ha qualche somiglianza con le veccie bianche. Ora, raccoltolo, lo immergono in acqua calda, finché non raggiunga le dimensioni di un uovo di colombo; quindi lo schiacciano e lo tritano, e con mani esperte plasmano pani, che si mangiano cotti e che sono eccellenti per la loro dolcezza.’

Ci sono anche sorgenti abbondanti, alcune d’acqua calda, ben adatte per farvi il bagno e per togliere la stanchezza, altre d’acqua fredda, eccellenti per la loro dolcezza, che possono giovare alla salute. Presso di loro si cura ogni ramo della conoscenza, soprattutto l’astrologia.

Ed essi usano lettere dell’alfabeto, che sono ventotto di numero secondo il valore dei suoni che rappresentano, ma i segni sono solo sette, ciascuno dei quali si può formare in quattro modi diversi. Scrivono le righe non orizzontalmente, ma dall’alto in basso, su linee rette. Gli uomini sono eccezionalmente longevi, vivendo fino a centocinquant’anni e per lo più senza malattie.

Chi è storpio o, in generale, ha qualche menomazione fisica, lo costringono a togliersi la vita secondo una legge severa. È loro usanza vivere per un numero di anni determinato e, dopo aver compiuto questo periodo di tempo, di propria spontanea volontà si uccidono, dandosi una morte strana. Infatti presso di loro cresce un’erba, per effetto della quale uno, quando vi si metta a giacere sopra, senz’accorgersene, dolcemente, cade addormentato e muore.

Biblioteca storica – Racconto n. 1 – Parte III

Le donne non le sposano, ma le tengono in comune, e i figli così nati, allevandoli come se fossero di tutti, li amano tutti alla pari; e quando ancora non parlano, i fanciulli spesso cambiano nutrice, affinché le madri non riconoscano i propri. Perciò, dal momento che presso di loro non c’è alcuna rivalità, vivono sempre senza conoscere lotte intestine, e fanno sempre grandissimo conto della concordia. Presso di loro vi sono anche animali di piccole dimensioni, ma straordinari per la natura del corpo e per il potere del loro sangue; essi sono di forma tondeggiante e hanno qualche somiglianza con le testuggini, ma in superficie sono segnati da due linee giallastre in diagonale, e a ognuna delle estremità hanno un occhio e una bocca.

E perciò, pur guardando con quattro occhi e usando altrettante bocche, raccolgono il cibo in una sola gola, e il nutrimento inghiottito attraverso di essa confluisce tutto quanto in un solo stomaco; ugualmente i visceri e tutti quanti gli altri organi interni li hanno unici, mentre sotto, intorno alla circonferenza, ci sono molti piedi, con i quali possono camminare nella direzione che desiderano.

Il sangue di questo animale ha un potere mirabile; infatti incolla immediatamente il corpo di ogni essere vivente che sia stato tagliato, e anche se per caso è stata tagliata via una mano o qualcosa di simile, con esso la si incolla, se il taglio è recente, e così anche le altre membra del corpo che non appartengano ai punti importanti e vitali.

Ogni gruppo di persone alleva un uccello assai grande, di una particolare specie, e con questo fanno delle prove per vedere quale disposizione di spirito abbiano i fanciulli, quando ancora non parlano. Infatti, li mettono sopra questi animali e quando gli uccelli volano, i bambini che resistono al trasporto per aria, li allevano, mentre quelli che vengono colti da nausea e sono pieni di sbigottimento, li abbandonano, in quanto destinati a non vivere a lungo, e, per il resto, indegni di esser presi in considerazione a causa della loro disposizione di spirito.

È sempre il più anziano di ciascun gruppo ad avere l’autorità, come un re in certo senso, e a costui tutti obbediscono; quando egli, finiti i centocinquantanni, secondo la legge si uccide, gli succede il più anziano dopo di lui.

Il mare intorno all’isola, che è agitato dalle correnti ed è soggetto a grandi riflussi e ad alte maree, è dolce di sapore. Delle costellazioni che appaiono da noi, le Orse e molte altre in generale non sono visibili;

queste isole erano sette, simili per grandezza, a uguale distanza l’una dall’altra, e in tutte si praticavano i medesimi usi e le medesime leggi.

Tutti gli abitanti delle isole, pur avendo abbondanti provviste di ogni cosa che vi cresce spontaneamente, tuttavia non si danno a goderne senza misura, ma perseguono la semplicità e prendono il cibo che è loro sufficiente; la carne e tutti gli altri cibi arrostiti e lessati nell’acqua li preparano loro, mentre sono del tutto ignoranti degli altri intingoli, fatti con arte da cuochi di professione, e dei vari modi di condire.

(continua)

Semiramide – anteprima

Semiramide

Cinque sillabe, al tempo stesso dolci e stimolanti, amiche della memoria; un nome che pochi ignorano e che, per lo più, evoca una regina d’Oriente, leggendaria e sensuale, vagamente in rapporto con Babilonia e i suoi “giardini pensili”. Ma quanti nostri contemporanei conoscono la leggenda di Semiramide?
E quanti ricordano lo straordinario successo che essa ebbe durante tutta l’Antichità greco-romana, poi, stritolata e irriconoscibile, dal Rinascimento fino alla metà del XIX secolo?

Cosa nascondeva la leggenda? Semiramide è esistita?

(Jean Bottéro, George Roux – L’Oriente Antico)

(continua nell’invio della prossima newsletter)

Storie di Ricerca 2

Le Storie di Ricerca alla finestra di Schiavi degli Dei

Nel mio “viaggio verso la conoscenza”, mi sono imbattuto in una moltitudine di documenti antichi, testi apocrifi o testi storici dimenticati.

Tutti molto interessanti, ma non sempre strettamente attinenti allo scopo della mia ricerca sulle origini del genere umano, tanto da essere esclusi dalla composizione del libro “Schiavi degli Dei”.

Tuttavia, sicuro della loro valenza storica, è mia intenzione presentarne alcuni in questa pagina.
Per non appesantirne la lettura, ho suddiviso il documento/racconto in quattro parti.
Qui, al termine della Parte I, troverete la nuova Parte II,  le altre due parti seguiranno prossimamente.

Buona lettura

Chi era Diodoro Siculo

Diodoro Siculo fu uno storico greco antico, nato nel 90 a.C., autore di una monumentale storia universale che prese il nome di “Biblioteca storica”.

Egli, per la redazione della sua opera, raccolse la documentazione necessaria effettuando, tra l’altro, una serie di viaggi “di studio” finalizzati al reperimento di fonti (in primo luogo scritte, ma anche orali) e innanzi tutto (a suo dire) atti ad effettuare delle verifiche autoptiche.

Diodoro Siculo

 

 

 

 

 

 

Di seguito alcuni abstracts. 

Biblioteca storica – Racconto n. 1 – Parte I

[…] “A proposito, invece, dell’isola che è stata scoperta nell’Oceano a meridione, e delle cose straordinarie che si dicono su di essa, cercheremo di discorrere sinteticamente, dopo aver esposto prima, con precisione, le ragioni della scoperta.

Giambulo fin da ragazzo aveva coltivato con entusiasmo la propria educazione e dopo la morte del padre, che era mercante, anch’egli si diede alla mercatura; inoltratosi in quella zona dell’Arabia che produce aromi, fu preso con i compagni di viaggio da certi briganti. Ora, dapprima con uno di quelli insieme ai quali era stato catturato fu designato pastore, più tardi, però, fu preda di certi banditi etiopi con il compagno, e condotto via, alla zona marittima dell’Etiopia.

Costoro vennero rapiti perché appartenevano a un altro popolo, per purificare il paese: infatti, questa era l’usanza degli Etiopi che vi abitavano, tramandata da tempi antichi, e sanzionata da responsi oracolari degli dei, per venti generazioni, seicento anni (essendo una generazione calcolata della durata di trent’anni).

Mentre la purificazione veniva compiuta dai due uomini, era stata costruita per loro una barchetta, proporzionata per dimensioni, forte abbastanza da sopportare le tempeste in mare e che poteva facilmente essere portata a remi da due persone; dopo avervi messo dentro cibo per due uomini sufficiente per sei mesi, e averveli fatti salire, ingiunsero loro di prendere il largo secondo il responso, ordinando loro di navigare verso meridione.

Dissero loro che sarebbero giunti a un’isola prospera e presso uomini amabili, dove sarebbero vissuti beatamente; ugualmente – affermarono – anche il proprio popolo, se quelli mandati fossero giunti sani e salvi sull’isola, avrebbe goduto per seicento anni di pace e di una vita prospera sotto ogni aspetto; ma se, atterriti dalla vastità del mare aperto, avessero navigato indietro, sarebbero incappati nelle massime punizioni come empi e corruttori dell’intero popolo.

Gli Etiopi, dunque – affermano – tennero una grande adunanza solenne sul mare, e dopo aver compiuto sacrifici magnifici, incoronarono quelli che dovevano cercare l’isola e purificare il loro popolo, e li inviarono via.

Essi, dopo aver navigato per lungo tratto in mare aperto ed essere rimasti esposti per quattro mesi alle tempeste, furono portati all’isola del presagio, che era di forma circolare, e con un perimetro di circa cinquemila stadi.

Ma, quando erano ormai vicini all’isola, alcuni dei nativi, fattisi loro incontro, tirarono a terra lo scafo; gli abitanti dell’isola, accorsi, si meravigliarono del fatto che degli stranieri vi fossero approdati, però si comportarono amabilmente e condivisero con loro quanto di utile offriva il paese.

Gli abitanti dell’isola erano molto diversi da quelli della nostra parte del mondo abitato, per caratteristiche fisiche e per modo di vivere; infatti, erano tutti simili fisicamente, e in altezza superavano i quattro cubiti, però le loro ossa potevano curvarsi fino a un certo punto, e di nuovo raddrizzarsi, come le parti nervose.

Erano, nel fisico, eccezionalmente delicati; tuttavia, molto più vigorosi degli uomini delle nostre parti. Infatti, quando afferravano un oggetto con le mani, nessuno era in grado di toglierlo dalla presa delle loro dita. Non avevano peli assolutamente in nessuna parte del corpo, eccetto che sulla testa e tranne che sopracciglia e ciglia, e ancora, sul mento, mentre le altre parti del corpo erano così glabre che non vi si vedeva la minima peluria.

Erano avvenenti per la loro bellezza, e ben proporzionati nella costituzione fisica. Le aperture delle orecchie erano molto più ampie delle nostre e le parti sporgenti sviluppate in modo da servire da valvole di chiusura.

Biblioteca storica – Racconto n. 1 – Parte II

E per quanto riguarda la lingua, avevano una peculiarità, in parte naturalmente congenita, in parte risultato di un’operazione fatta intenzionalmente. Infatti avevano la lingua doppia per un certo tratto, ed essi ne suddividevano ulteriormente la parte interna cosicché la lingua era doppia fino alla radice.

E perciò erano molto versati nei linguaggi, poiché non soltanto imitavano ogni lingua umana articolata, ma anche i vari canti degli uccelli, e in generale riproducevano ogni particolarità dei suoni; ma, cosa più straordinaria di tutte, conversavano perfettamente in contemporanea con due persone che avessero incontrato, rispondendo a domande e discorrendo in modo pertinente delle circostanze del momento; infatti, con una sezione della lingua parlavano con una persona, con l’altra allo stesso modo con la seconda. Il clima era estremamente temperato presso di loro, in quanto abitavano all’equatore, e non soffrivano né caldo né freddo; e i frutti maturavano presso di loro per l’anno intero, come afferma anche il poeta:

«La pera invecchia sulla pera, la mela sulla mela, sull’uva l’uva, il fico sul fico».

Presso di loro il giorno è sempre pari alla notte, e a mezzogiorno presso di loro non c’è ombra per niente, per il fatto che il sole è allo zenith.

Essi vivono divisi in gruppi organizzati politicamente e secondo la parentela, riunendosi i parenti in non più di quattrocento; costoro trascorrono l’esistenza all’aperto, dal momento che il paese possiede molte cose per il loro sostentamento; infatti, per la buona qualità del suolo dell’isola e per la mitezza del clima gli alimenti crescono spontaneamente più che a sufficienza.

Cresce, infatti, presso di loro, in gran quantità una canna, la quale produce un frutto in abbondanza, che ha qualche somiglianza con le veccie bianche. Ora, raccoltolo, lo immergono in acqua calda, finché non raggiunga le dimensioni di un uovo di colombo; quindi lo schiacciano e lo tritano, e con mani esperte plasmano pani, che si mangiano cotti e che sono eccellenti per la loro dolcezza.’

Ci sono anche sorgenti abbondanti, alcune d’acqua calda, ben adatte per farvi il bagno e per togliere la stanchezza, altre d’acqua fredda, eccellenti per la loro dolcezza, che possono giovare alla salute. Presso di loro si cura ogni ramo della conoscenza, soprattutto l’astrologia.

Ed essi usano lettere dell’alfabeto, che sono ventotto di numero secondo il valore dei suoni che rappresentano, ma i segni sono solo sette, ciascuno dei quali si può formare in quattro modi diversi. Scrivono le righe non orizzontalmente, ma dall’alto in basso, su linee rette. Gli uomini sono eccezionalmente longevi, vivendo fino a centocinquant’anni e per lo più senza malattie.

Chi è storpio o, in generale, ha qualche menomazione fisica, lo costringono a togliersi la vita secondo una legge severa. È loro usanza vivere per un numero di anni determinato e, dopo aver compiuto questo periodo di tempo, di propria spontanea volontà si uccidono, dandosi una morte strana. Infatti presso di loro cresce un’erba, per effetto della quale uno, quando vi si metta a giacere sopra, senz’accorgersene, dolcemente, cade addormentato e muore.

(continua)

Storie di Ricerca 1

Le Storie di Ricerca alla finestra di Schiavi degli Dei

Nel mio “viaggio verso la conoscenza”, mi sono imbattuto in una moltitudine di documenti antichi, testi apocrifi o testi storici dimenticati.

Tutti molto interessanti, ma non sempre strettamente attinenti allo scopo della mia ricerca sulle origini del genere umano, tanto da essere esclusi dalla composizione del libro “Schiavi degli Dei”.

Tuttavia, sicuro della loro valenza storica, è mia intenzione presentarne alcuni in questa pagina.
Per non appesantirne la lettura, ho suddiviso il documento/racconto in quattro parti.
Qui troverete la Parte I, le altre tre parti seguiranno prossimamente.

Buona lettura

Chi era Diodoro Siculo

Diodoro Siculo fu uno storico greco antico, nato nel 90 a.C., autore di una monumentale storia universale che prese il nome di “Biblioteca storica”.

Egli, per la redazione della sua opera, raccolse la documentazione necessaria effettuando, tra l’altro, una serie di viaggi “di studio” finalizzati al reperimento di fonti (in primo luogo scritte, ma anche orali) e innanzi tutto (a suo dire) atti ad effettuare delle verifiche autoptiche.

Diodoro Siculo

 

 

 

 

 

 

Di seguito alcuni abstracts. 

Biblioteca storica – Racconto n. 1 – Parte I

[…] “A proposito, invece, dell’isola che è stata scoperta nell’Oceano a meridione, e delle cose straordinarie che si dicono su di essa, cercheremo di discorrere sinteticamente, dopo aver esposto prima, con precisione, le ragioni della scoperta.

Giambulo fin da ragazzo aveva coltivato con entusiasmo la propria educazione e dopo la morte del padre, che era mercante, anch’egli si diede alla mercatura; inoltratosi in quella zona dell’Arabia che produce aromi, fu preso con i compagni di viaggio da certi briganti. Ora, dapprima con uno di quelli insieme ai quali era stato catturato fu designato pastore, più tardi, però, fu preda di certi banditi etiopi con il compagno, e condotto via, alla zona marittima dell’Etiopia.

Costoro vennero rapiti perché appartenevano a un altro popolo, per purificare il paese: infatti, questa era l’usanza degli Etiopi che vi abitavano, tramandata da tempi antichi, e sanzionata da responsi oracolari degli dei, per venti generazioni, seicento anni (essendo una generazione calcolata della durata di trent’anni).

Mentre la purificazione veniva compiuta dai due uomini, era stata costruita per loro una barchetta, proporzionata per dimensioni, forte abbastanza da sopportare le tempeste in mare e che poteva facilmente essere portata a remi da due persone; dopo avervi messo dentro cibo per due uomini sufficiente per sei mesi, e averveli fatti salire, ingiunsero loro di prendere il largo secondo il responso, ordinando loro di navigare verso meridione.

Dissero loro che sarebbero giunti a un’isola prospera e presso uomini amabili, dove sarebbero vissuti beatamente; ugualmente – affermarono – anche il proprio popolo, se quelli mandati fossero giunti sani e salvi sull’isola, avrebbe goduto per seicento anni di pace e di una vita prospera sotto ogni aspetto; ma se, atterriti dalla vastità del mare aperto, avessero navigato indietro, sarebbero incappati nelle massime punizioni come empi e corruttori dell’intero popolo.

Gli Etiopi, dunque – affermano – tennero una grande adunanza solenne sul mare, e dopo aver compiuto sacrifici magnifici, incoronarono quelli che dovevano cercare l’isola e purificare il loro popolo, e li inviarono via.

Essi, dopo aver navigato per lungo tratto in mare aperto ed essere rimasti esposti per quattro mesi alle tempeste, furono portati all’isola del presagio, che era di forma circolare, e con un perimetro di circa cinquemila stadi.

Ma, quando erano ormai vicini all’isola, alcuni dei nativi, fattisi loro incontro, tirarono a terra lo scafo; gli abitanti dell’isola, accorsi, si meravigliarono del fatto che degli stranieri vi fossero approdati, però si comportarono amabilmente e condivisero con loro quanto di utile offriva il paese.

Gli abitanti dell’isola erano molto diversi da quelli della nostra parte del mondo abitato, per caratteristiche fisiche e per modo di vivere; infatti, erano tutti simili fisicamente, e in altezza superavano i quattro cubiti, però le loro ossa potevano curvarsi fino a un certo punto, e di nuovo raddrizzarsi, come le parti nervose.

Erano, nel fisico, eccezionalmente delicati; tuttavia, molto più vigorosi degli uomini delle nostre parti. Infatti, quando afferravano un oggetto con le mani, nessuno era in grado di toglierlo dalla presa delle loro dita. Non avevano peli assolutamente in nessuna parte del corpo, eccetto che sulla testa e tranne che sopracciglia e ciglia, e ancora, sul mento, mentre le altre parti del corpo erano così glabre che non vi si vedeva la minima peluria.

Erano avvenenti per la loro bellezza, e ben proporzionati nella costituzione fisica. Le aperture delle orecchie erano molto più ampie delle nostre e le parti sporgenti sviluppate in modo da servire da valvole di chiusura.

(continua)

 

Lo spirito, il soffio vitale e…

Noi, esseri senzienti e coscienti, siamo una realizzazione assolutamente complessa: come tutti gli esseri viventi che popolano questo pianeta, siamo corpo – l’aspetto fisico – e psiche – il modo di agire, reagire ed interagire con l’ambiente, secondo l’accezione psicologica.

L’uomo, però, possiede qualcosa in più, “lo spirito”, “il soffio vitale”, “l’anima”, “il sé”, ciò che in lingua sanscrita, negli antichi testi orientali, è indicato con il termine atmàn: una parte del Brahman, la Grande Energia fonte della forza onnipotente.

L’atmàn, di cui gli Antichi Maestri ci hanno tramandato il valore…
risiede nel cuore.

Usa il Cuore, è il tuo potere. E Tutto arriverà da sé!

(c) Biagio Russo – Uomini e Dei della Terra – Drakon edizioni 2016

Nell’antichità si diceva che il Cuore…

Nell’antichità si diceva che il cuore fosse la sede dell’intelligenza proprio perché veniva assimilato alla dimora dell’Intelligenza Universale. La parte finale dei Veda, le Upaniṣad narrano:

« Nel Brahma-Pura, sede di Brahma, vi è un piccolo “loto”, dimora nel quale c’è una piccola cavità, occupata dall’Etere; si deve cercare Ciò che risiede in questo luogo e Lo si riconoscerà…

Questo Principio che sta nel cuore è più piccolo di un chicco di riso, più piccolo di un chicco d’orzo, più piccolo di un chicco di senape, più piccolo di un chicco di miglio, più piccolo di un germe racchiuso in un chicco di miglio; questo Principio che sta nel cuore è anche più grande della Terra, più grande dell’atmosfera, più grande del cielo, più grande di tutti questi mondi messi assieme. »

Il mistero delle origini

Realizzazione grafica di Giulia Giammona, (c) Drakon edizioni, 2010 – su licenza del British Museum.

Mistero, dal greco mystèrion, “cosa segreta”, ma anche dal greco mysticòs, “qualcosa che è stata avvolta nel segreto”, è il sostantivo con cui viene definita gran parte dei fatti della storia umana.

Ma il fatto, quel fatto, in principio, quando vide la luce, quindi “originariamente”, quasi certamente non era ammantato col velo dell’occulto, ma è diventato “misterioso” con lo scorrere del tempo. Perché?

La Storia fortunatamente di questo ce ne ha lasciato ampie prove; è stato modificato, manipolato o falsamente presentato in virtù della necessità di condizionare e gestire situazioni e soggetti per i più disparati fini.

L’antidoto al condizionamento è sulla strada maestra della ricerca delle origini, quelle origini lontane che si raggiungono solo conducendo una rigorosa ed impegnativa opera di eliminazione delle impurità che ne hanno corrotto il significato antico.

L’antidoto è la Conoscenza.

Il fatto qui di seguito trattato riguarda il mistero delle origini, intendendo più in particolare quelle del genere umano.

All’ ipotesi creazionista, propugnata e tenacemente difesa dalle religioni, che per un lungo arco di tempo ha avuto dominio incontrastato sulle menti e sulle coscienze degli uomini, l’‘800 illuminista contrappone l’ipotesi evoluzionista, non senza lacerazioni e questioni scientifiche irrisolte. Il ‘900, in modo particolare nella sua seconda metà, ci ha infine fatto assaporare l’ipotesi forse più affascinante, l’ipotesi che ha saputo coniugare in modo imprevedibile le due ipotesi fino ad allora assolutamente inconciliabili, come da sempre sono fede e scienza. L’acquisita capacità di tradurre le tavolette sumere da parte di sumerologi come Kramer, Jacobsen, ecc., ci hanno fatto scoprire un mondo nuovo, anzi antico, dove personaggi incredibili operavano come super-uomini, dotati di capacità straordinarie di mezzi e di conoscenze, in grado di trasformare la storia ed incidere profondamente nella vita dell’uomo.  Delle divinità, converranno in molti ancora oggi, nel tentativo di darne una definizione appropriata commisurata alla loro capacità e potenza. Oppure potremmo parlare, e oggi si tende a parlarne in maniera quasi esclusiva, di “alieni”, poiché la tecnologia da loro usata, che oggi sappiamo riconoscere, non può che appartenere ad altri mondi
intra-stellari più evoluti, non alla nostra Terra.

Ma le cose stanno davvero così?
È solo questa l’unica possibilità che possiamo percorrere per conoscere le nostre origini?

La preistoria e la storia sono piene di immagini, di reperti, di monumenti che potremmo definire “alieni” sia nel senso di estraneità al contesto a cui si riferiscono che in quello di appartenenza ad una civiltà non terrestre; ce ne sono di evidenti ed altri che lo sono meno. In alcuni casi ciò che è “alieno” risulta invece invisibile, non riscontrabile ad una occhiata superficiale.

Caso emblematico, ma ovviamente non unico, è l’affresco del peccato originale ad opera del grande Michelangelo. Le figure che insieme danno vita al noto episodio biblico del peccato originale, ci regalano, ad una analisi più approfondita, una lettura diversa da quella strettamente canonica. A chi riesce a trovare una nuova chiave di lettura, Michelangelo trasferisce la propria conoscenza ed il proprio pensiero più nascosto.

La figura del serpente, tra le altre, è quella che desta maggiore curiosità per la sua evidente ambiguità.

Così come nel dipinto il serpente pone dubbi alle interpretazioni, anche nel nostro lontano passato e nel corso della storia, il serpente ha mutato pelle e ancor di più ha mutato la sua valenza rappresentativa. Da icona della conoscenza, del benessere fisico e spirituale, diventa, in particolare per opera della dottrina cattolica, simbolo del male e della tentazione.

Ma la ricerca rigorosa, costantemente verificata, ci permette di avere un quadro completamente nuovo ed impensabile proprio su questa figura tanto vituperata. Gli studi condotti attraverso la filologia e la etimologia prossima e remota, ci permettono di comprendere in maniera sorprendente i lasciti testimoniali del popolo sumero. Popolo, questo, mai studiato con la necessaria consapevolezza di trovarsi di fronte alla fonte primaria delle nostre conoscenze scritte. Gli scritti sumerici, senza bisogno di forzature nelle traduzioni, già di per sé straordinariamente eloquenti, sono fonte ineguagliabile a cui attingere per avere “notizie di prima mano” su quello che è stata la vera storia dell’uomo.

La figura del serpente, pertanto, dopo i necessari approfondimenti, vediamo che si intreccia con la storia primeva dell’uomo, e in particolare della donna, scandendo inesorabilmente la sua emancipazione rispetto al suo stato ignoranza e di totale asservimento.

La rivelazione più straordinaria la troviamo quando la figura del serpente si sovrappone alla figura dell’angelo assumendo lo stesso significato letterale, allorquando l’etimologia remota ci permette di risalire ai significati antichi custoditi nelle scritture sumere e ci consente di constatarne la comune origine. Se dunque gli Igigi, divinità minori nel pantheon sumero rispetto ai superiori Anunnaki, coincidono con la figura degli angeli e del serpente, allora tutto diventa chiaro e incredibile al tempo stesso.
Sono queste le figure che hanno sorvegliato il cammino controllato dell’uomo diventandone “custodi” e, nel momento in cui alcuni di essi hanno disatteso tale supremo comando, accelerandone l’evoluzione, sono diventati “i serpenti tentatori” riconducibili, tra l’altro, agli “angeli caduti”.

Ma se non ci fermiamo ad analizzare solo queste figure e prendiamo in esame anche gli Anunnaki, le figure di rango superiore, abbiamo il quadro completo delle conoscenze che ci rimandano i sumeri. E le traduzioni letterali ci portano a considerare queste ultime divinità come “della terra”, di origine terrestre, quindi.

Il decidere di non fermarsi davanti alle evidenze superficiali, ma scavare in ogni direzione di ricerca, conduce inevitabilmente a raffinare le nostre conoscenze, a mettere in discussione anche affermazioni già accettate e apparentemente indiscutibili.

In tutti gli ambiti di studio, e in particolar in questo così delicato, poiché coinvolge così profondamente il nostro comune sentire, avere materiale su cui impostare nuove discussioni e nuovi ragionamenti non potrà che essere di vantaggio per tutti. Il contributo alla conoscenza, quindi, allarga la possibilità di comprensione a tutti gli uomini di buona volontà, e tanto maggiore è la nostra conoscenza tanto minore sarà la possibilità di essere vittime di ogni sorta di manipolazione.

© Biagio Russo